Quelle sere in cui l’applauso ritarda,
dopo una di quelle mie tirate senza musica
La voce crea e percorre crepe tra le frasi
Le parole sbucciate dal baccello di se stesse
(come i ceci: un unico baccello per ognuna),
nuove, appena nate, conoscono il loro vero nome
(la parola per dire la parola, il suo nome)
In quelle sere l’applauso ritarda, preceduto
da un velo sonoro che si solleva sul pubblico
e le cui onde mi raggiungono, quel velo,
quel suono da strangolamento collettivo,
quel suono di ultimi respiri, quel suono
Quel suono, che è la sfiatata dell’orgasmo
L’applauso viene poi, dopo quel suono
L’applauso come un battito di cosce
Non mi venite a parlare
di cose da dire,
non mi parlate
di queste puttanate
Non me ne parlate
dopo quelle sere dorate
Vi sbatto al muro
ad applaudir con esso
Grazie
Perché sempre ringrazio
non avendo da dire altro