Quando mi imbarco
Quando mi imbarco con pose da prua,
quando mi immergo nell'impresa del canto,
con piglio da chiglia, quando mi rivolgo
al soffitto o al cielo, se non all'aria, oppure
umilio gli occhi in basso verso il pavimento,
che spazzolo con le ciglia come fossero
le sfrangiature di uno straccio o i flagelli
di una scopa, insomma, quando canto
una canzone sento, avverto e odo, il suono
di un sentimento che tenta di farsi vivo
ossia sonoro e non più muto, secondo
l'ingenua convinzione che il rumore sia
il segnale dell'accaduto, ecco, quando,
l'ho già detto, canto, sento che non tanto io,
non io ma la canzone ingenua, nata da quei
colpi di genio e di coda con i quali la stupidità
schiaffeggia il mondo come farebbe una spigola
che ha l'universo sia per fondale sia per superficie
e questa terra solo per un battito, così, ecco...
poi vira e se ne va a fare la cometa, che è
una spigola... ecco, quando, lo ripeto, canto
la stupida canzone senza senso ossia senza
ridicole apprensioni politico sociali e lamentele
su libertà perdute e crisi in corso, ma stupida
soltanto e istupidita, stupefatta, stupita soltanto
per rancore, amore, delusione, fede, incredulità,
sfiducia, anima arresa, incanto, cuore in fiamme,
spina, tradimento, fedeltà, rinuncia, accettazione,
rifiuto, ribellione, sfida, sottomissione, orgoglio,
umiltà, ira, superbia, pianto... ecco, quando canto,
sento che la figura alla quale non io ma la canzone
si rivolge intercedendo a favore di un'umanità
cavillosa su ogni cosa, pedante, pretestuosa,
fastidiosa fino alla pesantezza di se stessa
su se stessa, ecco, quando canto, sento
che la figura alla quale la canzone si rivolge
è sempre, se maschile, un Dio, una Dea se femminile,
Olimpici, forse, pagani, essendo il Dio cristiano
irraggiungibile da parole e musica e dalle letterature,
insomma dalle invocazioni umane, e restio
alle chiacchiere che è possibile fare con Giunone
o Giove o con la mia Minerva, che appaiono
nel mondo come se il mondo fosse un libro
con figure, alle quali si rivolge la canzone,
Dee, Dei, non un 'lui', non una 'lei', assolutamente
trascurabili se fossero umani, anzi, come umani,
insignificanti, assolutamente. Questo è quanto, il canto,
quando canto. E la canzone, non io, sale e sprofonda.