Canto e guardo
“Canto e guardo il pubblico,
guardo il pubblico e canto...
So che ognuna, ognuno, vorrebbe
essere la sola, il solo, che guardo...
Quando non ti importa niente
di nessuno, ricordi qualcosa
di ognuno, qualcosa che si solidifica
come una piccola pietra
ma anche come una perla...
E da sempre l'umanità incastona
o fora le perle, le pietre, le resine,
anche i legni, portando su di sé
questi segni, a sé legandoli,
nemmeno sapendo perché.
Per bellezza, forse. E con 'bellezza'
ognuno intende la propria, la propria
bellezza ostinata, la bellezza non tanto
di chi sta ricordando ma di chi è ricordato.
La bellezza è ambiziosa... Ricordato
da chi? Dalle perle pazienti,
dalle pietre inflessibili, dalle resine
indurite e tenaci, dai legni
che si rinnovano di ramo in ramo...
e le foglie cercano, cercano nell'aria,
cercano di toccare qualcosa,
di sfiorare qualcosa che passa...
Le foglie (lasciatemi sbrodolare)
sempre dicono “come labbra soffiate
dal vento”: non ti dimentichiamo...
sempre... Fate la prova, ascoltatele
e poi ditemi se non è così:
esse sussurrano... (quante lancinanti,
irresistibili stronzate m'escono
di bocca e io non le freno... perché?
Le lascio uscire, anzi le scocco,
le lancio, le mando a farsi un giro
tra la gente. Poi tornano, tornano
riscaldate dagli attriti, dallo strofinamento,
tornano, roventi in me, nel mio sciacquio
pieno di ghiaccio che galleggia,
e sfrigolano, sfrigolano, tutte strinate
le grandi stronzate cantate... Perché?
Perché io sono il loro bersaglio)...
Ma perché apro sempre parentesi?
(Perché esse parentesi sono il bordo
del cestello per il ghiaccio che io sono...
e in esso si temprano, si temprano,
le parole... Ho un po' bevuto... guardo...)
Cosa stavo dicendo?... Ho perso
il filo... Sì, le pietre...
Ho un po' bevuto... guardo il cestello
vuoto, cioè pieno: d'acqua e di ghiaccio...
La bottiglia vuota galleggerebbe...
è renitente, recalcitra, si oppone
(i suoi rinculi osceni e resistenti)...
mi ricorda qualcosa: la ritrosia,
“la porta che, arretrando, s'apre”...
Immergo nell'acqua, ossia in me, le mani
e stringo il cubico mio cuore gelido...
Che non è uno... sono due, tre, quattro
e più i miei cuori... i miei cuori cristallini,
quindi freddi come la trasparenza...
Mi rinfrescano i miei cuori...”