Cantava ogni sera
Cantava ogni sera le modiche
canzoncine in repertorio…
anche a richiesta… qualcuno
implorava un titolo mentre
lui cantava… Vito sorrideva
come un giudice del terrore
nella Francia della celebre
rivoluzione… Teneva a mente
quel titolo sospetto e, prima
o poi, lo giustiziava, insomma
lo eseguiva come si esegue
una condanna invocata…
"Il pubblico, queste ricamatrici…",
diceva… "Bisognerebbe trarne
vantaggio… facciamogli trovare,
sul tavolo accanto alla candela,
gomitoli e ferri, uncinetti
e cotone, un tombolo coi piroletti…
Sai che sciarpe e che maglioni,
e che centrini e che colletti?
Tanto, comunque ricamano,
lavorano a ferri corti
e a grosse sbarre, a uncini
da macelleria e da mattanza…
O no?... Provengono da una loro
vita che, come no, certo che sì,
li fornisce di matasse, matasse
di nervi aggrovigliati e di budella
attorcigliate… Trovino il filo,
trovino il filo… Lo sbroglino
e lo tramino in un disegno
più sistemato e ornativo,
migliorativo… È così, no?
Si ricama, si intreccia a mestiere
ciò che in noi è confuso…
quanto miscuglio imbrogliato
trova requie e geometria o fiorame
sopra un maglione colorato
per i giorni di freddo,
quando il clima è metafora...
esterno il gelo e non nostro,
retorico… Ci piacerebbe, eh?
Che così fosse… che le metafore
risolvessero per noi il problema
d'essere… Quante volte
siamo attirati dalle palle
di vetro da agitare perché
in esse nevichi? Stringendo in pugno
quelle palle, scuotendole, quelle palle:
il nostro petto, nel quale la neve giace….
Diamogli lana, cotone e strumenti
al pubblico, i nostri clienti,
diamogli il senso di un'altra vita,
finalmente in punta di dita…
scusate la rima stupida… anzi no,
mettetegliela in conto…
io con le rime ci vivo…
e le rime sono stupide tutte…
perché chi legge o ascolta
possa illudersi di sentirsi superiore
ossia di capire stupidamente
(con l'esattezza intatta del candore)…
Le canzoni e molta poesia
ci insegnano questo: che spesso
è la rima che decide il senso…"